1. Premessa; 2. La regola iura novit curia secondo il dettato normativo; 3. Il parere del Consiglio di Stato; 4. Uno sguardo alla giurisprudenza recente 5. Conclusioni.

                                                                  Premessa

La presente trattazione trae spunto da un parere del Consiglio di Stato[1] che, sebbene sia stato oggetto di profonde critiche già all’indomani della sua pronuncia, ha indubbiamente il pregio di avere stimolato la riflessione sulla necessità di adattare l’interpretazione delle norme processuali ai mutamenti della realtà politico-sociale.

I Giudici di Palazzo Spada, infatti, invocando i principi espressi nella famosa pronuncia della Corte Costituzionale n. 364 del 1988[2], si sono dedicati ad una interessante e, sicuramente, audace disamina degli effetti che il fenomeno dell’inflazione normativa degli ultimi decenni è stato in grado di generare in sede di giustizia.

La questione, in particolare, riguarda la difficoltà del Giudice di ottemperare alla regola che si sintetizza con l’espressione iura novit curia.

Secondo il Collegio, infatti, data la non facile accessibilità di alcune fonti del diritto (espressione che, si badi bene, deve intendersi in senso atecnico), in determinate fattispecie non sarebbe possibile attribuire al Giudice il dovere dello iura novit curia gravando, invece, sulle parti processuali l’onere di indicare le fonti para-normative sulla quali si fonda l’interesse vantato.

Una simile considerazione, probabilmente, trova giustificazione in un ramo del diritto quale quello amministrativo che, come noto, spesso viene regolato anche da atti di produzione interna e/o dalla prassi..... leggi tutto