Come emerge dalla giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria (causa C- 696/16 emessa dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia il 6 novembre 2018) la regula juris nella materia del godimento delle ferie da parte del lavoratore è quello per cui, per un verso, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare, trovando il proprio fondamento nell’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ed ha il medesimo valore giuridico, dei Trattati ai sensi dell’art 6 paragrafo 1 TUE: la ratio dell’esercizio dello stesso è quella di consentire al lavoratore di riposarsi dall’esecuzione dei compiti attribuiti godendo così di un periodo di relax e svago.

Per altro verso, il datore di lavoro ha l’onere di assicurarsi concretamente e con trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di godere delle ferie annuali retribuite invitandolo, se necessario formalmente, a farlo e nel contempo informandolo – in modo accurato e in tempo utile – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Tuttavia, in un equilibrato contemperamento di principi ed istanze assiologiche di pari rango, il rispetto di tale onere derivante dall’art. 7 della direttiva 2003/88 non può estendersi fino al punto di costringere quest’ultimo a imporre ai suoi lavoratori di esercitare effettivamente la fruizione delle ferie annuali retribuite.

Egli deve limitarsi soltanto a consentire ai lavoratori di godere delle stesse dando altresì prova di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché essi potessero effettivamente di esercitare tale diritto.  Leggi sentenza