Nei concorsi pubblici, le regole che vietano l'apposizione di segni di riconoscimento sugli elaborati scritti sono finalizzate a garantire l'anonimato di tali prove, a salvaguardia della par condicio tra i candidati. Pertanto, ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione ai sensi del D.P.R. n. 487/1994.

Il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell'ambito di un concorso pubblico o di un esame, in mancanza di una disposizione contraria, esprime in maniera sintetica il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo la motivazione, senza necessità di ulteriori spiegazioni, quale manifestazione del principio di economicità amministrativa di valutazione; esso altresì garantisce la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell'ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato ex D.P.R. n. 487/1994.

Ai fini della verifica di legittimità dei verbali di correzione e dei relativi giudizi, non occorre l'apposizione di glosse o di segni grafici, né occorrono indicazioni sugli elaborati in relazione a eventuali errori commessi.

Nella materia delle gare pubbliche (come nelle procedure concorsuali finalizzate all’assunzione di impiegati pubblici) è legittima un’unica verbalizzazione riferita a più sedute, come anche la redazione del verbale non contestuale alle operazioni compiute; è necessario che vi sia una corretta rappresentazione documentale dello svolgimento della procedura e che la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi , secondo quanto disposto dal D.P.R. n. 487/1994Leggi sentenza