Il potere di annullamento d’ufficio è regolato dall’art. 21 nonies della Legge n.241 del 1990 mediante la previsione dell’illegittimità dell’atto oggetto della decisione di autotutela quale indefettibile e vincolata condizione che ne autorizza il valido esercizio nonché della descrizione, attraverso il riferimento a nozioni elastiche, di ulteriori presupposti, quali la ragionevolezza del termine entro cui può essere adottato l’atto di secondo grado, la sussistenza di un interesse pubblico alla sua rimozione e la considerazione degli interessi dei destinatari del provvedimento viziato.

Con la Legge n.124 del 2015 è stata introdotta la fissazione del termine massimo di diciotto mesi, per l’annullamento d’ufficio di atti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici e, pertanto, vi è stata una riconfigurazione del potere di autotutela secondo canoni di legalità più stringenti e maggiormente garantisti, rispetto al passato, per le posizioni private originate da atti ampliativi.

La disposizione di cui all’art. 21 nonies della Legge n. 241 del 1990 regola il potere di autotutela in modo da stabilire, per la sua valida estrinsecazione, un presupposto rigido - l’illegittimità dell’atto da annullare - ed altre condizioni flessibili e duttili riferite a concetti indeterminati ed, in quanto tali, affidate all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione. Queste ultime devono intendersi stabilite a garanzia delle esigenze di tutela dell’affidamento dei destinatari di atti ampliativi, in ordine alla stabilità dei titoli ed alla certezza degli effetti giuridici da essi prodotti e, mediante l’affidamento, a garanzia della valutazione discrezionale dell’amministrazione nella ricerca del giusto contemperamento tra le esigenze di ripristino della legalità – attraverso la rimozione di un atto illegittimo - e quelle di conservazione dell’assetto regolativo derivante dal provvedimento viziato.

Con la specificazione del termine massimo di consumazione del potere di autotutela decisoria, il legislatore ha inteso accordare una tutela più pregnante all’interesse dei destinatari di atti ampliativi alla stabilità e alla certezza delle situazioni giuridiche da essi prodotte, costruendo un regime che garantisca la loro intangibilità una volta decorso inutilmente il periodo di operatività del potere di annullamento d’ufficio dei relativi titoli ampliativi che diventano, per tale via, non più rimuovibili dall’amministrazione, anche qualora illegittimamente adottati.

EDILIZIA E URBANISTICA Condono

L'interesse pubblico che legittima la rimozione d'ufficio di un atto illegittimo deve consistere nell'esigenza che quest'ultimo cessi di produrre i suoi effetti, in quanto confliggenti, in concreto, con la protezione attuale di valori pubblici specifici, al termine di un giudizio comparativo in cui questi ultimi vengono motivatamente giudicati maggiormente pregnanti e perciò prevalenti su quello privato alla conservazione dell'utilità prodotta da un atto illegittimo.

In presenza di un condono edilizio, la mera indicazione dell'interesse pubblico all'igiene, alla sicurezza e al decoro, senza alcuna ulteriore argomentazione in relazione alle «ragioni dell'attualità dell'esigenza della reintegrazione di quei valori (in relazione alla situazione di fatto prodottasi per effetto dell'attuazione dei titoli edilizi originari)», si rivela insufficiente a legittimare la misura di autotutela, specie in una fattispecie in cui, almeno per uno dei titoli annullati (il permesso di costruire in sanatoria), si è ingenerato nei destinatari dell'atto un serio affidamento circa la definitiva stabilità del titolo, in ragione del notevole lasso di tempo decorso tra i due atti. Leggi sentenza

 

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