CLASSIFICAZIONE: diritto alla salute, limiti interni del diritto, livelli essenziali delle prestazioni, discrezionalità amministrativa, ruolo del giudice amministrativo

 

NOTA: “Al di fuori dei vincoli relativi ai livelli essenziali di assistenza e da oggettivi criteri di economicità e di appropriatezza, le scelte organizzative in materia di servizio pubblico sanitario rientrano nella sfera di massima discrezionalità politico-amministrativa, demandata dal D.lgs. n. 502 del 1992 all'Amministrazione regionale (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 6 febbraio 2015, n. 604; Cons. Stato, sez. III, 7 dicembre 2015, n. 5538).

Compete all'Amministrazione sanitaria, quindi, il compito di fissare le condizioni e i limiti e, più in generale, la cornice delle linee organizzative e delle modalità procedurali entro la quale si attua il concreto esercizio del diritto alla salute e l'effettiva erogazione delle prestazioni sanitarie”.

In questo contesto, il ruolo del giudice amministrativo è limitato alla valutazione circa la sussistenza di profili di evidente “illogicità, di contraddittorietà, di ingiustizia manifesta, di arbitrarietà o di irragionevolezza nella scelta amministrativa” (v., sul punto, Cons. Stato, sez. III, 6 febbraio 2015, n. 604; Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2016, n. 2501).

La presa di posizione del Tribunale lombardo discende dalla presenza, per quanto riguarda il diritto alla salute, di limiti, peraltro anche individuati dalla giurisprudenza costituzionale. Il Giudice delle leggi, difatti, “ha ribadito, ormai da tempo, la configurazione del diritto alle prestazioni sanitarie come "finanziariamente condizionato", giacché "l'esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese si è scontrata, e si scontra ancora attualmente, con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario"; (Corte cost., 27 luglio 2011, n. 248). Leggi sentenza

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